Basterà che la prestazione sia personale, continuativa e sottoposta al potere organizzativo del committente
L’art. 2, comma 1 del DLgs. 81/2015 prevede, dal 1° gennaio 2016, un’estensione dell’applicazione della disciplina del rapporto di lavoro subordinato, cui occorre necessariamente prepararsi, visto l’approssimarsi del nuovo anno.
Il legislatore non è intervenuto sull’art. 2094 c.c., che definisce come lavoratore subordinato colui che presta il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore, ma ha stabilito che la disciplina legale del rapporto di lavoro subordinato si applica anche a soggetti che non sono dipendenti, ma la cui attività si concreti in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro.
Di conseguenza, si può affermare che, se non è cambiata la definizione di lavoratore subordinato, si è sicuramente ampliato l’ambito di applicazione della disciplina di questa tipologia contrattuale.
Se, fino ad oggi, secondo la giurisprudenza (Cass. 24 ottobre 2014 n. 22690), per assoggettare un rapporto di lavoro alla relativa normativa era necessaria la presenza del requisito fondamentale del vincolo di subordinazione, inteso quale soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, discendente dall’emanazione di ordini specifici e dall’esercizio di una assidua attività di vigilanza e di controllo dell’esecuzione della prestazione lavorativa, dal prossimo anno sarà sufficiente molto meno.
In particolare, basterà che la prestazione lavorativa sia personale, continuativa e sottoposta al potere organizzativo del committente quanto alle modalità di esecuzione, comprese quelle relative ai tempi e al luogo di lavoro.
Contratti continuativi, che abbiano ad oggetto prestazioni di lavoro a carattere personale, potranno essere conclusi nella forma del contratto d’opera disciplinato dall’art. 2222 c.c., ovvero nella forma della collaborazione coordinata e continuativa, solo quando il prestatore d’opera sia effettivamente libero di organizzare la sua attività, soprattutto in termini di tempi e di luogo di lavoro. Questo sia quando l’attività sia prestata da un soggetto titolare di una partita IVA, sia quando il lavoratore presti la sua attività nella forma della collaborazione coordinata e continuativa. I redditi in questo secondo caso continueranno ad essere assimilati ai redditi dal lavoro dipendente, ai sensi del comma 1, lett. c-bis) dell’art. 50 del TUIR, in quanto derivanti da rapporti di collaborazione aventi a oggetto la prestazione di attività svolte senza vincolo di subordinazione a favore di un determinato soggetto, nel quadro di un rapporto unitario e continuativo.
Per maggior cautela, la libertà del lavoratore di organizzare la sua prestazione, anche in termini di tempi e luogo di lavoro, secondo quanto previsto dal terzo comma dell’art. 1 del DLgs. 81/2015, potrà essere certificata dalle commissioni di certificazioni individuate dall’art. 76 del DLgs. 276/2003.
Ovviamente, la certificazione della commissione non potrà che essere “sulla carta”, potendo essere verificato esclusivamente in base alla disciplina contrattuale se il lavoratore non è assoggettato al potere organizzativo del committente e ha la libertà di organizzare i tempi e il luogo di lavoro. Affinché questa certificazione non possa essere oggetto di successiva contestazione, è però necessario che tale libertà venga effettivamente esercitata nelle modalità concrete di esecuzione della prestazione lavorativa.
Questo nuovo regime, applicabile come detto dal 1° gennaio del prossimo anno, appare sicuramente più severo rispetto alla precedente disciplina del contratto a progetto, abrogata dal primo comma dell’art. 52 del DLgs. 81/2015. Viene, infatti, ridotto al solo potere organizzativo l’elemento che caratterizza l’assoggettamento del rapporto alla disciplina del lavoro subordinato, mentre nel precedente regime, purché vi fosse un valido progetto, non si rischiava la qualificazione come lavoro subordinato in assenza di ordini specifici e dell’esercizio di un’assidua attività di vigilanza e di controllo dell’esecuzione della prestazione lavorativa.
Ai sensi del secondo comma dell’art. 1 del DLgs. 81/2015, restano escluse dall’estensione della disciplina del rapporto di lavoro subordinato le collaborazioni per le quali contratti collettivi nazionali stipulati da organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative prevedano discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo, come ad esempio il rapporto di lavoro degli addetti ai call center, purché ovviamente sia applicata la relativa disciplina collettiva.
Inoltre, sono escluse le collaborazioni prestate nell’esercizio di professioni intellettuali per le quali sia necessaria l’iscrizione in appositi albi professionali, le attività prestate nell’esercizio di funzioni di amministratore e sindaco di società, nonché per la partecipazione a collegi e commissioni, e le collaborazioni rese a favore di associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali.